Le colline dell’Oltrepò Pavese


I prati si ricoprono di nuovo verde e occhieggiano con un manto celeste di minuscoli fiori. Sono i “non ti scordar di me”, tenerissimo saluto di primavera. È con gli occhi pieni di questa meraviglia che abbiamo pensato di raccontarvi le colline dell’Oltrepò pavese che ne abbondano.
Una dopo l’altro i colli si rincorrono a perdita d’occhio. Ospitano borghi contadini, dediti prevalentemente alla coltivazione delle vigne.
Il vino, infatti, è fra i prodotti tipici più apprezzati dell’Oltrepo’. Da anni la sua qualità è decisamente più nobile, frutto della ricerca di cantine attente e orgogliose del proprio territorio, la cui composizione argillosa del sottosuolo è ideale per vini di buon grado alcolico e grande corposità.
Sono tante quindi le aziende vinicole, ma tanti anche coloro che si sono dedicati alla produzione di formaggi di capra, allevando le caprette nella proprie terre. Da qui i saporitissimi caprini e caciotte che hanno arricchito il menù classico locale, dominato soprattutto da primi succolenti come i ravioli di brasato o i “pisarei e fasò” (gnocchetti di pangrattato e farina con fagioli), declinati secondo ricette personali. I risotti non mancano mai con le verdure, le erbe di campo, con salsiccia e Bonarda (il rosso frizzante, o fermo, tipico delle colline) o con i funghi. Poi, le polente, accompagnate prevalentemente con la carne. E i salumi. Il più famoso è il salame di Varzi, ben stagionato e molto gustoso, ma anche la coppa o la pancetta arrotolata che spesso amano preparare per la propria famiglia, conservandola gelosamente in cantina, vicino alle bottiglie di vino. Si gustano accompagnati con il pane tipico della zona, la micca o miccone, una pagnotta di grano tenero con crosta croccante e cuore soffice.
Un tempo nel territorio abbondavano i fruttati, ora sostituiti in gran parte dalle vigne. Sono soprattutto mele (anche cotogne, ma ormai rare), pere e ciliege conservate poi in mostarda, come vuole la tradizione di Voghera, dove si ama anche conservare dei peperoni “autoctoni”: verde chiaro, con quattro costolature, che in una marinatura a base di aceto (utile per trattenere le proprietà organolettiche), diventano quasi bianchi. Insomma, un mondo campestre da vivere raccogliendo fiori prima o dopo avere assaporato i suoi gusti abbondanti tanto golosi.